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L’arte sui social: intervista a Roberto Celestri

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Classe 2001, filmmaker e visual artist, Roberto Celestri è diventato in pochissimo tempo il punto di riferimento sui social per gli amanti dell’arte, confermandosi come primo art-influencer italiano, raggiungendo 352k follower (novembre 2022).

Gli è bastato uno smartphone di ultima generazione e la passione sfrenata di riprendere le realtà artistiche italiane più famose, per creare dei reel che lasciano tutti a bocca aperta per il loro fascino.

L’abbiamo intervistato per farci raccontare come sta evolvendo il modo di comunicare nel mondo dell’arte e com’è possibile intrecciare uno storytelling come il suo con le collaborazioni con i brand.

Ciao Roberto, ci racconti un po’ di te e di come sei diventato il primo art influencer italiano in pochi mesi?

Ho incominciato a creare contenuti video sull’arte come passatempo, a novembre del 2021, mi trovavo a Roma, dove stavo finendo la mia Accademia di Cinema ed avevo la possibilità di girare spesso per Roma, avevo molto tempo libero. Di base io facevo il filmmaker e quindi per deformazione professionale avevo ed ho l’abitudine di filmare tutto ciò che per me è bello.

Ho collezionato una grande quantità di video ed a mano a mano, vedendo che i primi reel pubblicati andavano virali ho continuato costantemente ogni giorno a pubblicare contenuti su Instagram. La funzionalità reel era da poco approdata sull’app e mai come prima c’è stata una funzione che ti permettesse con così tanta velocità di incrementare il seguito su Instagram. Per circa 4 mesi da novembre in poi ho pubblicato tutti i giorni, passando da 3000 follower a circa 150mila a metà marzo.

Cosa c’è alla base dei tuoi contenuti? Come li crei e che cosa vuoi trasmettere a chi ti segue?

Alla base dei miei contenuti ci sta l’estrema sintesi. Non sono un grande fan di quella corrente di influencer che fa tutti i post dettagliati con le emoji, fa un miliardo di storie interattive tutte piene di sondaggi e di colori, mi sembrano tutti delle fotocopie. Io sono l’opposto, comunicazione ridotta all’osso, faccio vedere solo ciò che è bello, descrizioni sintetiche, non spiego l’arte, io ti do lo spunto per andarla a scoprire.

I contenuti li creo giornalmente ed utilizzo solo ed unicamente l’iPhone per registrarli, senza stabilizzatore ne nulla. Essendo delle clip in piano sequenza, ho la possibilità di creare i contenuti per due settimane anche in un giorno.
Ai miei follower voglio fare capire che l’arte è per tutti e che può essere un’occasione di riscatto, può essere un porto sicuro dove approdare nei momenti più difficili, voglio trasmettere a loro il mio grande amore.

come sfrutti il tuo potenziale a livello di collaborazioni? In che modo brand ed enti del turismo collaborano con te e come riesci a inserire queste collaborazioni all’interno del tuo storytelling, senza far venir meno la tua identity e i tuoi valori, ma trovando la giusta sinergia?

Le collaborazioni che faccio sono tutte iniziative e prodotti in cui credo fortemente. Per carattere mio, non sarei mai in grado di sponsorizzare mostre che non mi piacciono e prodotti che non rispettano la natura del mio profilo. Fino ad ora ho collaborato con diverse istituzioni museali importanti: Musei Vaticani, MAXXI, Galleria Colonna, ma anche con realtà più piccole come la Venice Art Week. Ovviamente sin da subito che il prodotto che posso offrire deve essere in linea con i miei contenuti, deve avere il mio stile. La cosa più bella che fino ad ora tutti i brand e le istituzioni sono rimaste molto soddisfatte e stanno raccogliendo i risultati!

Quale direzione pensi che prenderà la comunicazione del mondo dell’arte? Come si stia evolvendo il modo di comunicare in questo settore?

Non so in che modo si evolverà la comunicazione nel mondo dell’arte. Ma una cosa è certa, tutte le istituzioni museali stanno approdando sui social, e stanno capendo che una parte fondamentale della promozione e della pubblicità sta nel fare promozione sui social.
Alcuni social media manager non l’hanno capito ed utilizzano ancora un linguaggio formale ed istituzionale, altri invece l’hanno capito fin troppo e si corre il rischio di ridicolizzare il museo direttamente dalla sua pagina.
Vedo solo cose positive per la comunicazione dell’arte, perché d’altronde non abbiamo mai smesso di comunicarla, stiamo semplicemente cambiando i mezzi.


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